Giovanni Aquilecchia, Sirma a «Una polemica tra brunisti», in «Filologia e Critica», n. 1 (2001)1
Nel fascicolo n. 2/2000
della "Rivista di storia della filosofia", alle pp. 235-53, si legge un articolo
a firma di Michele Ciliberto, Il testo rapito. Una polemica tra brunisti, che
esibisce lultimo contributo dellautore a quella che il titolo stesso definisce
"Una polemica tra brunisti": innescata, come è ormai noto a molti, dalla
pubblicazione del "Meridiano" di Mondadori che reca in copertina le seguenti
indicazioni: Giordano Bruno, Dialoghi filosofici italiani, a cura e con un saggio
introduttivo di Michele Ciliberto, Milano 2000. Al di là degli argomenti che sono stati
spesi nei molti interventi, con firme più e meno autorevoli, pubblicati nella stampa
quotidiana e periodica ("la Repubblica", il "Corriere della sera",
"il Manifesto", "Belfagor", "Albertiana", "La rivista
dei libri", ecc.), che si danno qui per noti (e su cui vd. comunque il sito Internet:
"www.giordanobruno.it"), non possono non registrarsi anche a prescindere
dal "tono" generale dellarticolo di Ciliberto una serie di passaggi
che non è possibile lasciare senza replica: per esempio, "è stata scatenata una
campagna scandalistica" (p. 246), "in una sorta di processo sommario condotto
con metodi tribali" (p. 247), "Mi dispiace [
] che il quarto centenario
della morte di Bruno continui ad essere macchiato da una polemica così stolta e
volgare" (p. 252), ecc. Poiché la "Rivista di storia della filosofia" non
ha ritenuto di accogliere una mia risposta allintervento di Ciliberto2,
sono stato costretto a chiedere ospitalità a "Filologia e Critica", che
peraltro è sede anche più pertinente per pesare e giudicare le questioni qui dibattute.
Alla Direzione di questa rivista non posso non esprimere la mia gratitudine per lo spazio
concessomi.
Prendendo le mosse dal titolo
dellintervento di Ciliberto, va subito osservato che, purtroppo, la nostra disputa
non riguarda una "secchia rapita" (come quella contesa tra Bolognesi e
Modenesi), ma i testi critici dei dialoghi italiani di Giordano Bruno, da me stabiliti
dopo cinquantanni di lavoro per la collana Les uvres complètes de
Giordano Bruno, diretta da Yves Hersant e Nuccio Ordine, pubblicata a Parigi da Les
Belles Lettres e da Ciliberto, "inghiottiti", in poco più di un mese,
nel citato volume Dialoghi filosofici italiani di Giordano Bruno. Probabilmente il
"curatore" del Meridiano con quel titolo non alludeva tanto alloggetto
della querelle (" Uninfelice e vil secchia di legno "), ma
piuttosto allazione (il "rapimento"), considerandosi a giusta ragione come
eroe di unimpresa senza pari nel panorama internazionale degli studi bruniani. Ed è
veramente curioso vedere come egli attribuisca laumento della
"temperatura" allanno bruniano e al vivace carattere dei brunisti, senza
rendersi conto invece che le reazioni di cui si lamenta sono state direttamente
proporzionali (anzi, per alcuni, fin troppo moderate) al suo comportamento. Ma è ora di
rispondere in maniera succinta alle questioni sollevate dal "curatore" del
discusso Meridiano.
Ciliberto sostiene che tutto ciò che è
"legale" è sempre "morale". Purtroppo non è così. O meglio: non è
così specialmente per chi condivide certi valori. Ora è vero che la nostra legislazione,
a torto, non tutela il testo critico: ma come può uno studioso, che appartiene alla
comunità scientifica e sa quanta fatica costi la filologia testuale, comportarsi con
disinvoltura nei confronti del lavoro altrui? Non parlo certamente sul piano dei diritti
dautore (nessuno di noi ha scelto questo mestiere con lillusione di diventare
ricco). Parlo su un piano esclusivamente scientifico e morale: riconoscere con chiarezza
la paternità del lavoro degli altri, soprattutto quando ce ne serviamo direttamente3.
Nella ricostruzione dei fatti che in questa
sede il "curatore" del "Meridiano" ci ha proposto, emergono due
possibili soluzioni: o ci fuorvia Renata Colorni (come Ciliberto indurrebbe a credere) o
ci fuorvia Ciliberto nellattribuire alla Colorni uniniziativa con lui
concordata. Se facciamo fede alla lettera della Colorni, Direttrice della collana "I
Meridiani" spedita il 14 dicembre 1999 e pervenuta il 20 dicembre , fino
a quella data i testi in bozze del "Meridiano" Giordano Bruno erano quelli da me
stabiliti per Les Belles Lettres. "Il professor Ciliberto scriveva la Colorni
, che stima in modo particolarissimo il valore scientifico della Sua ricerca, ha
voluto adottare per la nostra edizione il testo dei Dialoghi da Lei
stabilito". Questa è la prova inconfutabile che fino al 20 dicembre 1999 i dialoghi
bruniani erano quelli della mia edizione parigina. Prova ulteriormente suffragata dalle
bozze, ricevute dopo il 22 dicembre, da cui ancora risultava sul frontespizio: "Testo
stabilito da Giovanni Aquilecchia". Ora, provenendo i testi in bozze
dalledizione Belles Lettres, in che cosa è consistita la "cura" di
Ciliberto? Solo a partire dal mio rifiuto, di non apporre la firma su testi che non avevo
controllato, è iniziato il lavoro di "revisione" di Ciliberto, per giustificare
naturalmente la sua "curatela". Se Ciliberto, come ha affermato
nellarticolo da cui prende le mosse questa nota, aveva cominciato a lavorare sui
testi sin dallinizio, perché la direttrice editoriale della collana avrebbe dovuto
attribuire a me ciò che apparteneva a Ciliberto? E perché mi avrebbe scritto, anche a
nome di Ciliberto, per avere la mia firma sul frontespizio, poco più di un mese prima
della pubblicazione del volume mondadoriano? Del resto, lo stesso Ciliberto ha confermato
che aveva indicato alla Colorni di voler utilizzare "il miglior testo in
circolazione", indicato in quello da me stabilito; subito dopo afferma, mantenendo
lambiguità di fondo tipica di tutti i suoi interventi sulla questione, che si era
messo al lavoro dopo aver segnalato alla Mondadori che il testo utilizzato doveva essere
quello da me stabilito. Ma al lavoro per fare cosa: per eliminare i refusi? Bene. Ma
perché, allora, non procedere con chiarezza e rigore, segnalando senza ambiguità
lutilizzazione dei miei testi e fornendo la lista degli "interventi" da
lui effettuati ?
Nulla di grave sarebbe accaduto se Ciliberto si
fosse limitato a segnalare, nella Nota al testo, chi ha fatto che cosa. Anche la formula
"testo di riferimento" avrebbe potuto non rivelarsi ambigua, se inserita in un
contesto privo di equivoci. Purtroppo Ciliberto non ha scritto solo, come vorrebbe far
credere ai lettori della "Rivista di storia della filosofia", " ho
utilizzato ledizione Belles Lettres come testo di riferimento ". Nel
"Meridiano" la nota al testo è abilmente costruita su occulte alchimie: "
Per il presente volume abbiamo scelto come testo di riferimento ledizione dei
dialoghi italiani curata da Giovanni Aquilecchia (G. Bruno, Oeuvres complètes, Les
Belles Lettres, Paris 1993-1999). Tutti i testi sono stati riscontrati in modo sistematico
con le prime stampe4, ed emendati da refusi ed imperfezioni
che, in alcuni casi, ne compromettevano il senso. Inoltre, quando è sembrato utile ai
fini di una più agevole lettura dei dialoghi, siamo intervenuti sulla punteggiatura
" (p. LXXXV). Queste frasi e la paginetta di bibliografia sulla filologia bruniana
inserita subito dopo inducono il lettore a credere di trovarsi di fronte a una nuova
edizione migliorata. Il che non è vero, come ho dimostrato in un recente articolo uscito
nel "Giornale storico della letteratura italiana" (G. Aquilecchia, I Dialoghi
bruniani "a cura" (o sinecura?) di Michele Ciliberto, in G.S.L.I., a. cxvii
2000, f. 579, pp. 422-39): Ciliberto ha corretto una trentina di meccanici errori
tipografici, ma nella fretta di giustificare la sua "curatela" ha inserito oltre
un centinaio di "ritocchi" errati. Del resto, come avrebbe potuto fare in così
poco tempo dal 20 dicembre fino ai primi di gennaio a rielaborare un testo
critico?
Ciliberto giustifica il fatto di non aver
inserito la lista dei "ritocchi", con largomento delleditoria di
massa, già proposto sulle colonne del "Corriere della sera": "Il Meridiano
scrive nellarticolo di cui si discorre non è uscito in una collana
dellAccademia della Crusca o dellIstituto di Studi sul Rinascimento. Non
vuole, in alcun modo, presentare una nuova edizione critica dei dialoghi di Bruno; non si
rivolge a un pubblico di specialisti, interessati alle tavole di cui si lamenta
Aquilecchia; non ha alcuna specifica ambizione in campo ecdotico" (p. 245). Dispiace
leggere tali argomentazioni: quelle "tavole di cui si lamenta Aquilecchia" sono
state istituite dalla comunità scientifica non per pedanteria, ma per lasciare il lettore
libero di giudicare la quantità e la qualità degli interventi testuali effettuati dal
curatore, per distinguere in maniera precisa il lavoro di altri filologi e, quindi, per
evitare che accada proprio ciò che è accaduto con il "Meridiano" Giordano
Bruno. La fabula delleditoria di massa, purtroppo, non regge di fronte
allocchio attento degli studiosi: anche nelle edizioni economiche, se si corregge
qualcosa si dice sempre dove e come. Il tanto sbandierato "Meridiano" su
Petrarca stessa collana, stesso editore lo dimostra: Santagata, pur non
annunciando una nuova edizione, interviene sul testo Contini e segnala i luoghi, virgola
per virgola. Ma poi: come si può giustificare lassenza della lista delle correzioni
con la necessità di non appesantire un volume destinato a un grande pubblico e, poche
righe più avanti, rivendicare il valore erudito del massiccio commento e degli apparati
("un commento che per ampiezza e complessità non ha paragoni (almeno) in Italia:
cinquecento fittissime pagine, che si aggiungono alle novanta dellIndice-lessico,
alle trenta della cronologia, alle venticinque della nota bibliografica e alle settanta
dellIntroduzione": p. 246)? Difesa fin troppo debole e scoperta: editoria di
massa, quindi, per giustificare con tono dimesso latteggiamento disinvolto nei
confronti della mia edizione; ma esaltazione dellerudizione pura, invece, per
vantare la sostanza dei commenti e degli apparati (come se l"editoria di
massa" permettesse ai curatori ipertrofiche annotazioni e corredi scientifici di ogni
tipo).
In realtà, lobiezione che viene mossa a
Ciliberto è molto chiara: il "curatore" del "Meridiano" ha lasciato
intendere di aver fatto più di quanto in realtà abbia fatto. Non cè bisogno di
affumicare il discorso con esempi sul ruolo della filologia e scrivere pagine e pagine su
questioni che non hanno nulla a che vedere con loggetto della discussione. Siamo
daccordo che leditore dei testi, come il restauratore di un quadro, non si
identifichi con lautore del testo e del quadro. Non mi è mai passato per la mente
di considerarmi lautore delle opere bruniane da me curate. E siamo anche
daccordo che ogni restauro testuale come del resto ogni prodotto umano
sia perfettibile. Ma cosa centra questo discorso con la paternità del restauro? Se
io restauro un testo collazionando centinaia di esemplari con congetture,
integrazioni, punteggiatura , compio necessariamente uninterpreta-zione del
testo (principio che Ciliberto stesso riconosce: "senza il loro lavoro
[delleditore e del restauratore] il testo, e il quadro, sarebbero unaltra
cosa": p. 236). E perché questo lavoro non deve essere legittimamente riconosciuto?
E chi non lo riconosce, compie unoperazione scientificamente e
"moralmente" accettabile? Per formulare il quesito in unaltra maniera: è
corretto dire di aver "curato" unedizione di un testo solo per aver
corretto con ununica eccezione interpretativa una trentina di refusi
meccanici su oltre mille pagine di testo? Perché Ciliberto non ha provveduto lui stesso a
cimentarsi nellimpresa? È facile servirsi del cinquantennale lavoro di un altro e
poi, in ragione di qualche intervento nella massima parte irrilevante, far credere che si
offra una nuova edizione "a cura" di Michele Ciliberto.
Su questo punto sono intervenuti i brunisti in
Europa e nel mondo. Non si tratta di un fatto banale, né di una querelle
pedantesca, come il "curatore" del "Meridiano" vorrebbe far credere.
Una cosa è la pedanteria, unaltra cosa è la deontologia professionale, il rispetto
del lavoro altrui. Purtroppo, ciò che avrebbe dovuto fare Ciliberto e non ha fatto
ho dovuto farlo io stesso, sobbarcandomi una fatica non indifferente, con
laiuto di Sabrina De Fabritiis, per offrire una minuziosa analisi comparata, virgola
per virgola, delledizione Les Belles Lettres e del "Meridiano" Mondadori.
I risultati esposti analiticamente nel cit. saggio pubblicato nel " Giornale
storico della letteratura italiana " rivelano, a parte la correzione di una
trentina di sviste tipografiche, oltre un centinaio di interventi segnalati come
"superflui", "arbitrari", "inopportuni" o
"erronei", che hanno peggiorato la versione delle Belles Lettres. È possibile
che chi ha stabilito ledizione di sette opere bruniane, per un migliaio di pagine,
sia incorso in qualche svista o sia stato tradito dalle nuove tecnologie elettroniche che,
talvolta, cancellano sulle terze bozze, per inavvertiti errori di manovra dei compositori,
ciò che nelle seconde bozze appariva al suo posto: cosa che è accaduta con il
frontespizio esterno (non autoriale) dei Furori, rifatto allultimo momento,
di sua iniziativa, dallimpaginatore per ovviare a unerrata manovra nel
salvataggio del testo. Aggiungo però che non posso che essere felice se, nei sei volumi
da me curati, Ciliberto sia riuscito a spulciare solo qualche refuso e un paio di sviste
(da me stesso segnalate nel "Giornale storico della letteratura italiana" e che
naturalmente spariranno nelle imminenti ristampe delle singole opere Belles Lettres e
dalledizione Utet in corso di pubblicazione). Ma, una volta preso atto di tutto
ciò, come si può declassare il mio lavoro e a farsi passare addirittura come
"curatore" di unedizione corretta? A riprova che lequivoca
"Nota al testo" del "Meridiano" comincia ad avere i suoi frutti, basti
vedere la nota ai testi di un recentissimo volume bruniano: " Ledizione
prescelta dei dialoghi italiani è quella recentissima di Michele Ciliberto, ulteriormente
perfezionata rispetto alledizione critica italo-francese curata a sua volta da G.
Aquilecchia [
])" (S. Mancini, La sfera infinita. Identità e differenza nel
pensiero di G. Bruno, Milano, Mimesis, 2000: Riferimenti bibliografici). Cosa direbbe
Ciliberto a questo studioso? Che ha capito male? E che non è giusto liquidare il lavoro
cinquantennale di un filologo bruniano con una frase così riduttova e sostanzialmente
offensiva?
Ma anche su un altro punto è necessario un
chiarimento. Ciliberto, come si può vedere dagli esempi citati, oscilla tra due
posizioni: da una parte, costretto dalle polemiche sui giornali e sulle riviste, ammette
di non aver voluto dare una nuova edizione (e di essersi servito del mio testo),
dallaltra parte però assume il piglio del filologo per impartirmi lezioni di
critica testuale. Con lautorità, forse, che gli deriva dai titoli del suo curriculum
scientifico e accademico. Si legge infatti su un foglio a stampa proveniente dal sito
Internet dellUniversità di Pisa che Ciliberto, " oltre a pubblicare vari studi
e volumi sul pensiero di questo autore [Bruno], [
] ha anche curato ledizione
di molte opere italiane ". In realtà non risulta che Ciliberto abbia mai curato
edizioni di testi bruniani o di qualsivoglia altro autore. In nessuna bibliografia ciò è
indicato; né cambia questa realtà il fatto che, negli ultimi mesi, egli abbia più volte
scritto sui giornali di aver dedicato oltre ventanni a questioni filologiche
bruniane. Solo a partire da questa constatazione, e dunque in ragione della sua
sostanziale effettiva inesperienza di questioni filologiche, si spiegano i sospetti,
avanzati nellarticolo di cui si discute, sul fatto che la polemica contro di lui sia
frutto di una sola mano (p. 247). Conviene poi riflettere su un altro punto: Ciliberto
afferma che la "ricchezza" del "Meridiano" sta nel commento e negli
apparati (in questo caso, si è detto, non siamo più nelleditoria popolare, ma
nellerudizione dura e pura). Bene. Ma né il commento, né gli apparati del
"Meridiano" portano la firma di Ciliberto. E perché nel frontespizio campeggia
solo il suo nome (" con introduzione e a cura ")? Se, dunque, i commenti non
sono di Ciliberto, né gli apparati, né il testo critico (che è mio, anche se
peggiorato) in cosa consiste la "cura" di Ciliberto? Del resto, anche sul testo
dei Furori permane lambiguità: Ciliberto afferma di essersi occupato
delledizione dei Furori prima di me, riferendosi al volume laterziano curato
dalla Bassi. Ma anche di fronte a questo dialogo non si può fare a meno di chiedersi: chi
ha lavorato sul testo dei Furori? La Bassi, come è scritto sul frontespizio, o
Ciliberto che ne rivendica la paternità sulle colonne del "Corriere della sera"
del 14 maggio 2000: " nel caso dei Furori, segnalandolo in nota, ho accolto
due lezioni già confluite nella edizione del dialogo da me curata per
leditore Laterza 1995 "? In fondo, variatis variandis, il comportamento
che Ciliberto ha avuto con la mia edizione sembra riproporsi anche in altre circostanze.
Esemplare appare poi la replica di Ciliberto a
due obiezioni formulate da Alain Segonds sulle pagine di "Belfagor" (Il
"Meridiano" Giordano Bruno, nel fasc. 328, del 31 luglio 2000, pp. 457-72):
1. Perché ritenere migliore la mia
edizione (adottata per il suo "Meridiano") e poi non citarla mai in nessuno dei
suoi saggi bruniani? E perché, addirittura, citare il Candelaio nel
"Meridiano" da altre edizioni e non dalla migliore, quella Belles Lettres, da
cui derivano tutti i testi del "Meridiano" stesso? Perché dunque ritenere
migliore unedizione e poi non servirsene? A questi interrogativi Ciliberto risponde
che nel suo lavoro adopera qualsiasi tipo di edizione per le citazioni bruniane: " mi
giovo, normalmente, di tutte le edizioni critiche disponibili " (p. 245); ma esiste
solo la mia, nel senso tecnico delle parole. Spiegazione che, agli occhi di ogni lettore
che non sia un dilettante di filologia, non ha bisogno di commento.
2. Anche la risposta allobiezione
di non aver inserito la mia edizione critica nellappendice bibliografica dedicata
alle edizioni dei dialoghi di Bruno non sembra più consistente. Ciliberto dichiara: ho
inserito ledizione "nel luogo più consono e solenne (mi verrebbe da
dire) , cioè nella Nota sui testi", e "nella bibliografia [
]
nel paragrafo dedicato alle traduzioni" (ivi): in realtà tanto "solenne",
la prima, da non figurare neppure nellindice e, di fatto, declassata a una noticina
inserita alla fine dellIntroduzione (otto righe a p. lxxxv); e quanto alla seconda,
è come se in unedizione italiana del De rerum natura, il volume curato da
Alfred Ernout fosse inserito nella sezione dedicata alle traduzioni francesi di Lucrezio.
Purtroppo, se non è, per ripetere lespressione di Ciliberto, "machiavellismo
di Stenterello" (artic. cit., p. 245), non può essere altro che noncuranza delle
convenzioni di una citazione bibliograficamente corretta.
Per distogliere lattenzione dal vero
oggetto della controversia, Ciliberto, come ho già notato, tira in ballo questioni che
non hanno nulla a che vedere con quanto gli è stato contestato sul piano scientifico e
deontologico. Si sofferma, per esempio, su due casi che mostrano la discordanza nei Furori
tra testo italiano e traduzione francese. Si tratta di due esempi (solo questi in quasi
mille pagine traslate in francese?) che non implicano un errore di traduzione, ma che
probabilmente derivano da una mancata integrazione sulle prime bozze delle mie correzioni
al testo bruniano; integrazioni che evidentemente il revisore non aveva sotto gli occhi al
momento del controllo della versione di Paul-Henri Michel. Lascio a Yves Hersant il
compito di entrare in proposito. Comunque non pare che Ciliberto possa impartire lezioni
di francese, considerato che lunica parola che usa nellarticolo in questione
(a p. 246), con lintento di ironizzare, è "intossication", che non
esiste in francese.
Tra laltro, Ciliberto ha cercato anche di
trasformare una polemica di natura scientifica e deontologica in una ostilità
nazionalistica tra francesi ed italiani. Tutto ciò non è neanche nello spirito della Secchia
rapita, in cui come è ben noto a chiunque abbia letto il poema Tassoni
si diverte proprio a prendere in giro il chiuso universo municipalistico dei suoi
personaggi, immersi nel più bieco campanilismo e incapaci di guardare ai nuovi fermenti
internazionali. In realtà: cosa centra la benemerita iniziativa Belles Lettres di
stampare ledizione critica di Bruno con il monopolio degli studi bruniani? E perché
ascrivere solo alla Francia e a una Casa editrice francese, unimpresa editoriale che
coinvolge studiosi di diversi paesi europei? Forse in unottica e in una concezione
degli studi intesi come dominio esclusivo e terreno di esercizio del potere accademico ed
editoriale. In questa prospettiva si spiega forse anche il testo di una pubblicità del
"Meridiano" Giordano Bruno pubblicato sulla rivista "Cfr" (giugno
2000): "Ledizione nei "Meridiani. Classici dello spirito" raccoglie,
per la prima volta nel nostro panorama editoriale, tutte le opere filosofiche italiane di
Giordano Bruno. E per la prima volta le commenta". Ma è ben noto agli specialisti
che molto prima del "Meridiano" è venuta alla luce ledizione Gentile (da
me rivista nel 1958), più volte ristampata da Sansoni e tuttora reperibile sul mercato. A
questa edizione spetta il primato cronologico, per i testi come per il commento, e non al
"Meridiano". Anche se questultimo si distingue perché, come avverte il
séguito della nota editoriale, "La curatela delledizione è affidata a Michele
Ciliberto, massimo studioso di Giordano Bruno a livello europeo e presidente del comitato
di celebrazioni del quarto centenario della morte di Bruno: una personalità quindi di
grande spicco nel mondo degli studi filosofici e di grande richiamo".
Lasciando da parte altre questioni generali,
non si possono, in conclusione, tralasciare alcune specifiche osservazioni di natura
filologica. Impegnato (tardivamente) a "documentare" il preteso miglioramento
del mio testo, Ciliberto ricorre a minuzie extra-testuali, pescandole nelle formule
discorsive in sede di Apparato. In realtà, se la correzione o > a Licori sia
stata suggerita o meno dal Tocco e adottata o meno dalla Bassi (articolo, a p. 239), non
altera il fatto che nel mio testo si ha lemendazione richiesta: se poi il merito
(ove pure di merito si tratti) è tutto mio, tanto meglio. Dove Ciliberto lamenta (a p.
241) che nellApparato non gli ho dato credito di una sua "restaurazione"
di una lezione nello Spaccio, egli mostra di non avere unidea chiara di cosa
sia unedizione critica, nella fattispecie quella mia: basata come è, direttamente,
sui vari esemplari (e non su uno solo) delle cinquecentine bruniane; le quali, se
presentano una lezione corretta (a sua volta corrotta in edizioni postume), è del tutto
superfluo, ai fini della costituzione del testo, andare a verificare e dichiarare se
qualcuno degli editori postumi si sia accorto o meno che la corruzione postuma fosse
dovuta a errore di stampa o di interpretazione consumato appunto postumamente. Già
Dionisotti metteva in guardia dallappesantire gli Apparati con rilievi superflui
(" cimitero ", diceva lui) ai fini della costituzione del testo. Nella
fattispecie, il mio testo riproduce fedelmente la lezione non corrotta della stampa
originale bruniana. Lo stesso vale per la lezione scorretta nella tradizione postuma,
" dolce amato ", ma perfetta nelloriginale bruniano (" dolce amaro
"), originale da me, ripeto, riprodotto senza mediazione, ove non si tratti di
accettabili emendazioni congetturali postume (e, pur qui, non già di semplice correzione,
consapevole o meno, di corruzioni postume o originarie). Così ancora per vogliamo
(= B dello Spaccio) in luogo di vogliano (errore di stampa postumo).
In unaltra simile istanza, non so come Ciliberto sia riuscito a concepire il
sospetto che io abbia di proposito occultato il suo nome come autore dellIntroduzione
alledizione laterziana dei Furori a cura di Simonetta Bassi (mettendo sullo
stesso piano la mia non intenzionale "omissione" con il "rapimento" da
lui effettuato di ben sei testi critici su sette della mia edizione parigina). Può darsi
che non si sia accorto che il rinvio alla sua Introduzione non era mio, ma della
Bassi: la quale, facendo riferimento a una sezione del suo stesso volume, non era tenuta a
specificarne la paternità. Lintera nota che contiene anche il rinvio
"interno" era racchiusa tra virgolette nella versione italiana: una volta
parafrasata in francese, il traduttore deve aver ritenuto che, non trattandosi più di
citazione speculare, le virgolette fossero inopportune. Ma di una citazione comunque si
tratta.
Cè di più: né mi sarei indotto a
parlarne se non fosse per la provocazione suddetta. Non solo gentilmente, ma altresì
generosamente, Simonetta Bassi mi ringrazia, in una premessa alla sua edizione del
dialogo, di diverse discussioni avute con me a Londra su particolari del testo dei Furori.
In realtà la discussione fu una sola, e verté proprio sulle ormai famose parentesi che
racchiudono una battuta di Cicada e il nome di Tansillo allinizio della battuta
successiva. Indicative di integrazione o di soppressione? A me, che allora mi stavo
occupando di tuttaltro testo, fu appunto Simonetta a farmi immediatamente rilevare
linconsistenza concettuale di quelle battute nel contesto del brano: andavano quindi
eliminate? Non sia altro per la mia originaria formazione stilistico-letteraria, mi
accorsi che quelle battute rientravano in una simmetria logico-sintattica del discorso.
Decidemmo quindi per il mantenimento delle battute e delle parentesi, che ci parvero
allora conservative della simmetria suddetta, ma anche indicative di ripensamento
autoriale. A questa nota stessa sia detto per inciso , come appare nel volume
curato dalla Bassi, sembra per altro essersi ispirato Ciliberto in quel particolare passo
della sua introduzione (e non viceversa). Comunque il ricordo di questa discussione, e
della concordata soluzione, mi è rimasto nella mente quasi simbolo di una feconda
collaborazione intergenerazionale, che nessuna insinuazione riuscirà a sminuire.
Quanto allo schema ritmico dei sonetti nei Furori,
Ciliberto è scettico sul fatto che la maggior parte dei "primari" presentano
unottava in luogo di due quartine di tipo petrarchesco. È scettico perché
"gli specialisti" non ne parlano. In realtà è sufficiente dare uno sguardo
alle rime dei primi otto versi nei sonetti in questione per rilevarne lo schema rimico. La
mia edizione critica rispetta comunque la "percezione" bruniana degli schemi
metrici (non sempre conforme a quelli rimici). Arbitrariamente nel "Meridiano"
gli schemi metrici vengono livellati sul tipo tradizionale di due quartine e due terzine
(più "coda", ove occorra). Sulluso di questo schema rimico da parte di
Bruno si era già soffermato, nel 1954, Paul-Henri Michel nella sua
"Introduzione" ai Furori e, più di recente Christiane Bacmeister in nota
alla sua traduzione del Dialogo (Von der heroischen Leidenshaften, Hamburg, Felix
Meine Verlag, 1989); a non dire del mio saggio su Sonetti bruniani e sonetti
elisabettiani (apparso nel 1996 in "Filologia antica e moderna", in cui
parlavo di "analogia" tra i sonetti di Bruno e di Sidney) e delle osservazioni
di Pasquale Sabbatino nel suo volume La bellezza di Elena (Firenze, Olschki, 1997),
dove non si manca di ricordare che lo schema rimico in questione è rilevabile nei sonetti
di Velardiniello (Berardiniello), poeta napoletano della metà del Cinquecento. Né può
non rilevarsi, a proposito della metrica dei sonetti bruniani, la nota di Ciliberto:
"costruiti con una ottava narrativa in luogo della s??µa (p. 243): dove
evidentemente gli sfugge che s??µa vale strasciso, coda, e
sta a indicare la seconda parte della strofa, e quindi del sonetto, non la prima.
Sullo stesso piano si colloca la nota di
Ciliberto a proposito dei fregi tipografici con funzione diacritica, posti allinizio
e alla fine dei sonetti "primari" (e di altri componimenti, pur essi
"primari") per distinguerli da quelli "secondari", che servono,
insieme alla prosa, di commento ai primi. Nella mia edizione tali fregi vengono
sostituiti, modernamente, con cinque asterischi: la sostituzione dei segni non ne altera
la funzione. Ciliberto elimina fregi e asterischi, commentando così la sua decisione:
" È assai più probabile [rispetto a che cosa?] che i fregi inseriti nel testo
siano, in generale, utilizzati per segnalare la differenza tra composizioni poetiche
commentate e composizioni poetiche non commentate, ma citate per supporto " (ivi):
che è esattamente quanto è stato ripreso da me, nessun altro avendolo notato. Perché
dunque non agisce di conseguenza, conservando i miei asterischi? Perché " o si
riproducono integralmente o si eliminano ". Che significa "integralmente"?
Così come sono rappresentati nelloriginale? È come dire che il grafema ph o
si conserva tal quale o si elimina, ma non si rende con la lettera f, che pure
rappresenta lo stessa fonema. Oppure "integralmente" significa anche nel caso di
altri componimenti "primari", oltre ai sonetti? Che è esattamente quello che ho
fatto. Ma le osservazioni su questo punto vanno ancora oltre: prima di prendere una
decisione, secondo Ciliberto, si dovrebbe "fare una ricerca sistematica sui volumi
pubblicati da Charlewood, e vedere se adopera in altri casi questo tipo di fregi (come a
me pare), e in quali contesti ". Ma che importa se, in altri suoi volumi Charlewood o
chi per lui, abbia usato quei fregi in diversa funzione? È del tutto evidente che nella
sua stampa dei Furori essi sono usati sistematicamente a distinguere i sonetti e
altri componimenti "primari" dai "secondari".
Infine, unultima piccola osservazione.
Altrove Ciliberto mi attribuisce " uno stato danimo un po curioso, da
campo assediato (verrebbe da dire) " (p. 245). È sorprendente come, usando la
metafora del " campo assediato ", egli stesso non abbia meditato sulla sua
posizione. Un campo assediato è circondato da avversari, o quanto meno da contestatori.
In questa vicenda, invece, si sono visti distintamente gli orientamenti degli studiosi,
che, in prese di posizione pubbliche e in attestazioni private, hanno manifestato in modo
non equivoco la loro solidarietà alluno o allaltro dei
"contendenti".
1
La Direzione di "Filologia e Critica" pur
considerandosi estranea alla controversia sul "Meridiano" Giordano Bruno, sia
per la questione di fondo che per gli aspetti specifici ha ritenuto di dover
concedere ospitalità a questo contributo di Giovanni Aquilecchia se non altro per la
materia del contendere, particolarmente vicina al suo proprio campo di indagine. Offre
naturalmente a Michele Ciliberto ospitalità per leventuale replica.
2 In realtà nel settembre del 2000 il
coordinatore del Comitato di Direzione della "Rivista" mi invitava a replicare a
un "intervento" di Michele Ciliberto, in difesa del suo "Meridiano",
che sarebbe poi apparso, si è detto, nel n. 2 dello stesso periodico. Una prima versione
della mia replica venne respinta perché secondo il Comitato di Direzione essa conteneva
osservazioni "extra-scientifiche". Pur facendo presente che, per questo
rispetto, mi ero limitato a rispondere solo ad alcune osservazioni
"extra-scientifiche" di cui il saggio di Ciliberto abbondava, attenendomi per il
resto a una linea puramente filologica, mi risolsi a inviare una seconda versione
"epurata". Anche questa venne respinta con la medesima motivazione.
3 E mi sia consentito di fare anche una
chiosa "tecnica" su tale artificiosa distinzione. In un trattato
"classico" di diritto civile italiano, ben noto agli specialisti e sul quale si
sono formati generazioni di giuristi le Istituzioni di diritto privato di
Roberto de Ruggiero e Fulvio Maroi (Milano-Messina, Principato, 19548) ,
si legge, a proposito del "diritto dautore", che una cosa è il "diritto
patrimoniale dautore", mirato allo sfruttamento economico dellopera
dellingegno, altro "il diritto morale dautore, il quale è, a
differenza del diritto patrimoniale di autore, unespressione del diritto della
personalità. Vengono qui in considerazione: il diritto dellautore al riconoscimento
della paternità spirituale sullopera [diritto, si avverte in nota, che "è
inalienabile"], nonché il diritto di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione
od altra deformazione dellopera stessa che possa riuscire di pregiudizio al suo
onore o alla sua riputazione (art. 2577 [C.C.], 2° co)" (vol. I p. 584). Se il testo
delledizione critica non ha, ad oggi, tutela "patrimoniale" nella
legislazione vigente, resta "inalienabile" il diritto "morale"
al riconoscimento della paternità dellopera.
4 La dichiarazione lascia disorientati: è
noto che le edizioni cinquecentesche dei singoli dialoghi bruniani possono presentare
varianti interne tra un esemplare e laltro. Quali esemplari sono stati riscontrati?
Se più di uno per edizione, vi sarebbe stato tempo tra il "veto" da me apposto
alla pubblicazione a mio nome (22 dicembre 1999) e lavvenuta pubblicazione "a
cura" di Ciliberto anteriormente al 17 febbraio 2000? Per quanto concerne la Cena
delle Ceneri vi è una "spia" a dimostrare che non più di un unico
esemplare (presumibilmente in fotocopia o anastatica) sia stato consultato: si tratta
della lezione foedera del "Meridiano" (pag. 27, riga 22) desunta,
dallesemplare Trivulziano L 594 (carta B5 recto), che è lunico a
contenerla, a differenza di tutti gli altri esemplari, i quali presentano invece la
lezione faedera. Sfortunatamente, a Ciliberto è sfuggito il fatto che le carte del
foglio B nel Trivulziano L 594 non sono a stampa, sibbene manoscritte in stampatello a
imitazione della stampa, e che il copista è incorso in qualche inesattezza di
trascrizione. Sorprende labbaglio preso da Ciliberto, tanto più che delle pagine
manoscritte del Trivulziano suddetto fin dal 1959 aveva dato notizia Roberto Tissoni ne Lo
sconosciuto fando bruniano della Trivulziana, in "Atti dellAccademia delle
Scienze di Torino", vol. 93 1958-1959, pp. 431 sgg.; la stessa constatazione fu da me
fatta nella Note philologique al testo critico della Cena nel vol. II delle Oeuvres
complètes, cit., p. lxxii n. 5, come pure da Eugenio Canone nella Avvertenza alla
"Appendice" allediz. anastatica da lui curata delle Opere italiane
cit., vol. iv p. 1525. Da ultimo, della trascrizione manoscritta del foglio B del
Trivulziano L 594 ha preso atto Amalia Perfetti nella sua recensione allanastatica
cit., in "Giornale critico della filosofia italiana", a. lxxix (lxxxi) 2000, pp.
502-6, dove neppure si manca di rilevare lerrore del copista faedere > foedera,
a sua volta ripetuto dal "curatore" del Meridiano Mondadori.